Rosa e il Servo di Dio Don Alessandro di Troja

pubblicato il 12 Giugno 2000



Rosa Lamparelli e il Servo di Dio
Don Alesandro di Troja
nella foto Rosa Lamparelli e Costantino Catapano
Di Don Alesandro Di Troja, figura radiosa del Clero lucerino, si sapeva ben poco in quel
lontano 24 giugno 1998, giorno in cui inizia l'avventura straordinaria e meravigliosa che
vedrà coinvolti Costantino Catapano e Rosa Lamparelli in un importante e significativo
disegno divino: riportare alla luce, dopo 166 anni di oblio, il Servo di Dio, Don Alesandro.
Grazie ai prodigiosi suggerimenti di Rosa Lamparelli e la tenacia di Costantino Catapano, in
breve tempo, S. E. Mons. Francesco Zerrillo acquisisce materiale sufficiente per l'apertura
del processo cognitivo sulle virtù e sulla fama di santità di Don Alesandro Di Troja. Di
seguito si riporta il racconto dettagliato di cosa visse, il Sig. Catapano, in quei giorni carichi
di speranza e fiducia, fra l `incredulità di molti e la certezza che il Signore non aveva
dimenticato il suo Servo fedele.
Sig. Catapano, quando e in che modo si è avvicinato alla figura di Don Alesandro Di Troja?
Frequentavo già da tempo casa di Rosa Lamparelli. Con lei parlavo dei miei dubbi sulla
Fede, del desiderio di conoscere Gesù, di amarlo, di servirlo. Un giorno le chiesi se mi
insegnava a recitare il S. Rosario, — so che è una cosa buona, ma non l'ho mai recitato —.
Rosinella mi invitò ad andare la mattina in chiesa, perché prima della S. Messa veniva
recitato il rosario: seguendo gli altri avrei potuto imparare. Così il giorno dopo alla mia
richiesta, il 24 giugno 1998, alle prime ore del mattino, mi recai in Cattedrale. Le persone,
raccolte in chiesa, non recitavano il rosario, ma attendevano la celebrazione Eucaristica che
di li a poco, fu officiata da Don Angelo Fusco. Durante l'omelia, il sacerdote ci disse che
all'interno della balaustra, a sinistra dell'icona di Santa Maria, era incisa una croce per terra,
e sotto le lastre del pavimento era sepolto un sacerdote lucerino, Servo di Dio, di nome Don
Alesandro Di Troja. Aggiunse che di lui non parlava nessuno perché si era persa memoria
ed i lucerini non lo conoscevano. La cosa non mi colpì in maniera particolare, ma tornato a
casa per il pranzo, mi misi a curiosare su di uno scaffale della libreria, tra le biografie dei
santi, per vedere se ve ne fosse ancora qualcuna da leggere e con mia grande sorpresa trovai
due fascicoli, mai notati prima di allora,senza titolo. Aprendone uno, alla prima pagina, vi
trovai una fotocopia di una vecchia incisione con la scritta 'Servo di Dio don Alexander di
Troja'. I fascicoli contenevano una vecchia biografia del sacerdote lucerino, trascritta in
ciclostile poi fotocopiata.
Fu questa coincidenza ad entusiasmarla, a far scattare in lei il desiderio di saperne
di più, di conoscere meglio la vita di questo santo uomo?
La 'strana' coincidenza mi stupì inizialmente, ma ciò che mi toccò profondamente fu
l'apprendere, dopo aver dato lettura dei fascicoli, che il Servo di Dio aveva celebrato la sua
prima messa nella chiesa di Santa Caterina e che nell'ultimo periodo aveva operato molto in
quella chiesa proprio come Rosinella. Io di Don Alesandro non sapevo nulla:
prima di quella mattina nessuno me ne aveva parlato. Rosinella la conoscevo; l'amore e la
stima che nutro ancora oggi per lei, sono scaturite in me dopo aver costatato nel tempo la
veridicità delle sue parole, la trasparenza delle sue azioni. Il legame che unisce Rosinella e
la chiesa di S. Caterina è straordinario, meraviglioso; quel luogo è davvero privilegiato dal
Signore. Non credo sia stato il caso a volere che il Padre Maestro predicasse in quella
chiesa; che la Venerabile Genoveffa De Troia volesse entrare nel convento attiguo alla
chiesa, cosa che non le fu più possibile per via della sua malattia; che il Servo di Dio Padre
Angelo Cuomo vi abbia operato per anni. Ma la certezza che anche Don Alesandro fosse
un'anima esemplare, la ebbi nel pomeriggio stesso di quel giorno, quando presentandomi a
Rosinella e dopo averle raccontato ogni cosa, lei mi disse: 'Don Alesandro non è un santo
qualunque, lui è un gigante di santità'. Infervorato da queste parole le chiesi se portando i
fascicoli in mio possesso a Don Angelo Fusco, avrei in qualche modo risvegliato la cosa.
Lei, non mi fece neppure finire di parlare che subito mi rispose: 'Ancora gli porti questi, che
se fino ad oggi è stato affossato, finiranno per affossarlo!' Sentivo in me una forza che mi
spingeva a fare qualcosa per riportare alla luce la grandezza di quest'uomo, ma cosa? Lo
chiesi a Rosinella e lei mi disse: 'Chiedilo a lui, al capo'. 'A chi, a Gesù?' risposi
prontamente, e ancora lei: 'No, a Don Alesandro. Leggi attentamente il contenuto dei
fascicoli, troverai sicuramente cose utili che ti aiuteranno nella ricerca'.
Affossare è sinonimo di abbandonare. Si è chiesto perché il clero locale, nel corso di ben
166 anni, ha dimostrato tanta incuria per Don Sante?
Penso che il motivo sia da ricercarsi nella coscienza di ogni uomo, sacerdote o laico che sia
di ogni tempo. Anime come Don Sante, come la stessa Rosa Lamparelli, rappresentano una
continua denuncia, un continuo campanello che suona per richiamare al servizio, alla
coerenza, al Signore. Per uomini di cattiva volontà, assopiti nel proprio torpore, queste
figure diventano inevitabilmente scomode, fanno paura; si finge di ammirarle, ma in realtà
si disprezzano. Per tali ragioni si cerca di metterle in ombra, in cattiva luce; si cerca di
dimenticarle e farle soprattutto dimenticare. Permettetemi un inciso: quando continuavo
nelle mie ricerche, un mio caro amico, Antonio Granieri, aveva fatto presente al Fusco che
la sua famiglia conservava una incisione originale del Servo di Dio e che tutti loro si
affidavano all'intercessione della sua preghiera; gli diede anche un opuscolo biografico su
Don Sante, scritto da Don Enrico Venditti, al fine di fargli scrivere un articolo giornalistico.
Il Fusco non solo smarrì l'opuscolo, ma si decise a scrivere, solo perchè seccato dalle
continue insistenze del Granieri, come lui stesso affermò in seguito.
In che modo riuscì a smuovere l'inerzia e a porre Don Alesandro in una più giusta
considerazione?
Successe una domenica mattina. Dopo la S. Messa, mi recai nel mio studio fotografico e
dopo pochi minuti entrò Antonio Granieri per invitarmi ad andare con lui a salutare il
Vescovo. Mi verme spontaneo prendere i fascicoli di Don Alesandro e portarli con me. Sua
Eccellenza ci ricevette subito e dopo i saluti gli mostrai i fascicoli, raccontandogli la mia
avventura vissuta fino a quel momento. Il Vescovo li sfogliò, si soffermò a leggere con
attenzione alcune pagine, poi disse: 'Effettivamente questa è grammatica del tempo. Peccato
che oggi essendo domenica, Don Ciro Fanelli, il mio segretario non c'è. Verrà domani a
prenderli da te per fotocopiarli.' Cosa che fece. Alcune settimane prima, in Cattedrale, si era
svolta la cerimonia d'investitura dei Cavalieri del Santo Sepolcro, ed io fui chiamato per le
riprese fotografiche. Successivamente entrò nel mio studio il Doti. Gennaro Preziuso che mi
ordinò alcune foto della cerimonia. Conoscevo la sua fama di biografo così gli chiesi,
indicando l'incisione di Don Alesandro,: 'Perché di questo personaggio non si sente parlare
in girò?' Lui non mi rispose, andò via, facendo ritorno dopo qualche ora. Con fermezza mi
disse: 'Sentite, noi ci conosciamo appena, ma il vostro interrogativo ha prodotto in me lo
stesso effetto di una pugnalata. Come posso parlare di una persona che non conosco? A casa
ho trovato questo libretto scritto da Don Enrico Venditti, ma non dice quasi niente. Gli
mostrai i miei fascicoli e puntualizzai: 'Se promettete di ridarmeli, ve li faccio leggere' Fu
di parola. Dopo qualche tempo mi portò una copia del periodico 'Il Centro' (del settembre
1999) in cui aveva scritto un articolo su Don Alesandro dal titolo 'Che un sasso ne serbi
almeno il nome'. Mi disse che dopo la pubblicazione dell'articolo era stato convocato dal
Vescovo e invitato a scrivere per il periodico 'La Diocesi', nonché una nuova biografia sul
Servo di Dio. Con gioia aveva accettato.
Rosinella parlava solo con lei di Don Alesandro o anche il Dott. Preziuso fu depositario
di particolari suggerimenti?
Dell'aiuto ricevuto da Rosinella ne parlai anche a Gennaro, tant'è che lo condussi a casa sua
per fargliela conoscere. Gennaro con molta tenerezza le chiese di pregare Gesù affinchè
riuscissimo a trovare altri documenti su Don Alesandro; effettivamente i miei soli fascicoli
non bastavano per farlo conoscere, per portarlo agli onori degli altari. Rosinella, molto
sofferente, ci invitò a ritornare dopo qualche giorno. Io comunque ritornai l'indomani e lei
mi disse: 'Fai venire Gennaro che gli devo parlare; è venuto a trovarmi Don Alesandro'.
Mi precipitai allo studio per telefonargli e poco dopo eravamo al suo capezzale. Lei ci disse
'E' venuto Don Alesandro. E' apparso un bellissimo giovane, non solo di aspetto, ma anche
di anima e mi ha detto queste testuali parole:
'Durante la mia breve vita, la mia bocca ha sempre parlato, la mia mano ha sempre scritto
ed ho lasciato documenti dappertutto. Andassero a vedere nella biblioteca Vescovile
troveranno quello che cercano. Non si fermassero in superficie, andassero a fondo
troveranno il malloppo' (impiegando molto tempo per pronunciare questo vocabolo).
Facciamo un passo indietro, al mandato ricevuto dal Dott. Preziuso circa la stesura di
una nuova biografia su Don Sante e che il Vescovo si orientava sempre più verso Don
Alesandro, per scoprirlo e offrirlo all'edificazione spirituale di tutti, immagino che
questa notizia l'avrà fatta esultare. Potè in qualche modo intuire, raccogliere commenti
sulla credibilità che il Vescovo nutriva nei confronti di Rosinella.
Il Vescovo ascoltava con molta attenzione i suggerimenti di Rosinella, poi, sono convinto
che lo Spirito Santo l'aiutava a fare discernimento. La prova comunque, l'ebbi una mattina
quando la Commissione di esperti costituita per l'apertura del sepolcro di Don Alesandro,
fu riunita in Cattedrale intorno ad un tavolo sistemato all'interno della balaustra, davanti
all'altare di S Maria Patrona. Il Vescovo senza esitare, spiegò ai convenuti di come si era
avvicinato alla figura di Don Alesandro, citando me e soffermandosi su Rosa Lamparelli.
Subito dopo prese la parola il Dott. Preziuso che con molta semplicità e chiarezza raccontò
della visione e del dialogo intercorso fra Rosinella e Don Alesandro. Un membro della
Commissione fece una battuta: 'Non dovremmo mica dare retta ai sogni?' Fra le risate
generali, il Vescovo commentò: “Se dovesse uscire il malloppo di Rosinella, dovremmo
credere anche a lei!” Don Antonio Del Gaudio polemizzò sull'attendibilità del manoscritto:
'Qualora venisse ritrovato, disse, non sono altro che fotocopie. In questa chiesa poi, sono
stati fatti diversi lavori di restauro; è stato cambiato il pavimento; non c'è nessuna prova
che attesti l'esistenza del corpo sepolto proprio qui'.
Stava per fallire ogni cosa, quindi?
Purtroppo si. Io comunque ricordai l'atto di morte di Don Alesando, l'avevo fotografato.
Corsi allo studio e presi la foto, la mostrai al Vescovo, il quale disse: 'Vedete, questo dice
le stesse cose contenute nei fascicoli di Costantino; adesso è la Chiesa che lo attesta, quindi
si proceda agli scavi'. Il Vescovo, certo, si impose, ma più componenti della Commissione
rimasero increduli. Lo sconforto che ci pervase fece dubitare anche noi, ma Rosinella ci
rincuorò
'Non preoccupatevi, un dito, un dito, ma lo troverete'. Così il 14 gennaio 2000
cominciarono gli scavi. Gli addetti, inizialmente scavarono in direzione dell'uscita della
balaustra; il direttore dei lavori, però, con atteggiamento che esprimeva poca convinzione, si
girò verso il lato opposto, dove c'era il segno della croce incisa sulla lastra del pavimento e
con un piccone di ferro colpì per praticare un foro. Nello stesso momento in cui il foro fu
praticato e ci rendemmo conto che c'era il vuoto, squillò il telefonino del figlio dell'
impresario, al quale comunicarono che a Via Carpentieri era franata parte della
pavimentazione stradale.
Prontamente esclamai:'Volete vedere che la parte franata è proprio davanti a quella che gli
anziani indicano quale abitazione di Don Alesandro?'. In un momento di pausa, andammo
a verificare, ed era proprio quella. Il sepolcro fu aperto e i resti mortali di Don Sante
ritrovati. Dissi subito a Gennaro Preziuso che la prima ad apprendere la notizia doveva
essere Rosinella; alcuni della Commissione vollero seguirci per conoscerla. Erano circa le
tredici. Entrai nella sua casa con la gioia dipinta sul volto ed esclamai: 'Rosinella. avete
avuto ragione, è venuto alla luce Don Alesando'. Lei con tranquillità rispose: 'Me lo hai già
detto'. Ed io: 'Come? Ma se in questo momento sono entrato per dirvelo!?'. Rimasi stupito
e nel contempo confuso dalla sua risposta. Si avvicinò al letto Gennaro Preziuso e le
ripetette la grande notizia, aggiungendo che esperti della Commissione erano venuti per
conoscerla. Lei, con evidenti segni di sofferenza, rispose: “Mi dispiace, ma sto troppo male,
se possono venire in un altro momento; però li voglio almeno toccare'. Gennaro li presentò
uno per volta e costatate le reali condizioni, uscimmo. A casa, il pensiero di quella risposta
mi tormentava, così decisi di ritornare da lei. La trovai sola e più serena. Dopo averla
salutata le chiesi: 'Rosinella mi spiegate il motivo della vostra risposta?' E lei 'Quando
siete arrivati io ero morta e stavo sotto tre metri di terra; voi mi avete riportato in vita.
Quanto ho dovuto lottare perché stavate sbagliando direzione. Io, ho visto tutto!' E
cominciò a descrivermi tutto quanto era successo in Cattedrale durante gli scavi. Io
l'ascoltavo sbigottito e incantato. Poi ancora disse: 'Con questa porta si sono aperte tre porte
per la chiesa di S Caterina. Don Alesandro di Troja, Genoveffa De Troia, ed io. Trovate i
documenti in biblioteca adesso'.
Dal suo racconto si intuisce che ritrovare i resti mortali di Don Sante è stato
emotivamente un' impresa faticosa e difficile: persuadere, capacitare il resto dello
Commissione, per poi dimostrare che Rosinella aveva ragione. Come ha vissuto la fase
precedente al ritrovamento degli scritti, impresa ancora più ardua, equivalente a quella di
cercare l'ago in un pagliaio?
Con molta più serenità. Era questione di tempo, ma sarebbero saltati fuori. Dopo quello che
avevo vissuto, ero sicuro che quei documenti fossero da qualche parte. L'impresa è stata
ardua davvero, visto il numero considerevole di libri e documenti conservati nella biblioteca
vescovile. Io stesso chiesi a Don Ciro Fanelli di poter cercare. Ho guardato non so quanti
fascicoli, senza neppure la guida di un inventario, perché la biblioteca era stata allestita da
poco. Ma la certezza che Rosinella non si sbagliava neppure questa volta, non mi ha
abbandonato un attimo. Infatti, prima di riportare le spoglie di Don Alesando nell'avello
originario, noi della Commissione salimmo in Curia e Don Ciro Fanelli disse al Vescovo
'Eccellenza abbiamo trovato il malloppo. Era nell'armadio delle reliquie, che non veniva
aperto da moltissimo tempo, dapprima ancora che il palazzo venisse restaurato; all'interno in
cima a moltissime altre cartelle, abbiamo trovato questa'. Mostrò una cartella con su scritto
'don Alexander di Troja', contenente il manoscritto originale e altri documenti.
Quindi fu lei e Don Ciro Fanelli a ritrovare gli scritti?
Non io. Li trovarono Don Ciro e Arturo Monaco.
Rimase dispiaciuto di non essere stato presente al loro ritrovamento?
Sinceramente no. Provai gioia per Don Alesandro, perché un altro tassello ritornava al suo
posto; soddisfazione per Rosinella riguardo a coloro che le avevano dato della visionaria.
Penso invece che, se il Signore ha voluto così, un motivo ci sarà stato, fosse anche per
sfatare i dubbi di qualche altro scettico, che pur di non dare merito a Rosinella
dell'incomparabile aiuto prestato, poteva azzardare l'ipotesi che li avessi messi io.
La ricerca di scritti e documenti su Don Alesandro, può ritenersi terminata?
E' terminata perché nessuno si muove, ma sarebbe ancora da completare. Personalmente ho
provato a continuare nelle ricerche, ma ho trovato ostacoli. In alcune chiese, quando
chiedevo di consultare gli archivi, mi mandavano via, tutto sommato avessi il permesso del
Vescovo. Le loro reazioni le condivido parzialmente: comprendo il timore che qualche
documento possa essere trafugato, questa sostanzialmente è la ragione per cui non lasciano
entrare nessuno, se non accompagnato da loro; sostenere, però di non avere mai tempo da
dedicare, mi sembra un tantino esagerato.
Noi siamo a conoscenza dell'esistenza di una lettera che Don Alesandro dettò a
Rosinella, perché non è stata acquisita come documento valido ai fini della stesura del
libro scritto dal Dott. Preziuso?
Perché Gennaro Preziuso l'ha ritenuta poco credibile. Nella lettera, Don Alesandro racconta
delle cattiverie subite dalla madre. Secondo il Dott. Preziuso è impossibile che un santo
possa parlare male della propria madre. Quando Rosinella ci consegnò la lettera, disse al
Preziuso di portarla al Vescovo. Lui, dopo averle dato lettura, si rifiutò, allora gliela portai
io. Il Vescovo la lesse e mi disse di conservarla, qualora potesse servire in futuro. Io ritengo
che sia veritiera, in quanto Don Alesandro non poteva descrivere se stesso in fasce o ciò
che provava la madre per lui, prima ancora che nascesse. E' chiaro che è opera dello Spirito
Santo che ha parlato per lui, ha operato in lui. Poi vedete, noi uomini siamo sempre molto
abili nell'accettare, nel credere quello che ci fa stare bene. Il concetto di madre cattiva lo
rifiutiamo a priori perché è contro natura. Ma non si può certo negare che esistono realtà in
cui mamme fanno il male dei propri figli; non è bello, ma purtroppo esiste anche questo.
Nella lettera in questione viene fuori con chiarezza che Alesandro è stato perseguitato dal
suo nascere; davvero una vita sofferta dal principio alla fine. Non dovremmo stupirci nel
conoscere quali mani hanno portato il suo calice amaro, ma porre la nostra attenzione sul
fatto che Don Sante ha avuto la forza e il coraggio di berlo fino in fondo, per amore di
Gesù. Del resto anche alcuni dei suoi confratelli l'hanno tormentato ingiustamente. Credo
che non è importante da chi ci viene il male, ma come noi lo affrontiamo; e per chi l'ha
prodotto, avere l'umiltà di riconoscerlo e la volontà di rimediare.
Oggi, cosa può dire di aver compreso, imparato, ricevuto da questa straordinaria
avventura, vissuta così intensamente?
Ho compreso che Dio mi stava indicando la strada per arrivare a Lui; ho compreso che
quando ci spogliamo della nostra volontà, diventiamo strumenti preziosi nelle Sue mani. Ho
imparato ad essere più forte nelle avversità della vita, più fiducioso nella Divina
Provvidenza, che mai abbandona. Ho ricevuto le Grazie che chiedevo: conoscere Gesù,
amarlo, servirlo. Spesso dicevo a Rosinella: 'Quanto vorrei vedere Gesù'. Il Signore ha
esaudito anche questo mio desiderio, mi ha dato la possibilità di guardare il suo volto,
riflesso non in una ma in due delle sue perle nascoste: Rosinella e Don Alesando




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